Una volta una ragazza mi ha commentato "il blog in letargo attende la tua primavera", ed è proprio così che mi sento ora: risvegliata dopo un lungo letargo. Non riposata, a dire il vero, ma con tanta voglia di ricominciare. E quale modo migliore, se non quello di parlare di una delle mie passioni?
Adesso poi ho anche un nipotino, un bellissimo bimbo biondo di due anni e mezzo che si chiama Leone e che, neanche a dirlo, anche lui adora le storie.
Per ripartire ho scelto un libro molto particolare che nasce come libro per bambini, ma è una lettura meravigliosa anche per noi adulti.
Si tratta di La grande fabbrica delle parole, nato dalla fantasia dell'autrice francese Agnès de Lestrade e dell'illustratrice argentina Valeria Docampo.
È una favola ambientata in uno strano paese, dove le persone non parlano quasi mai. Eh già, perché le parole costano e per poterle usare bisogna comprarle e inghiottirle. Alcune parole possono permettersele solo i ricchi e vengono pronunciate davvero pochissimo, chi non ha soldi può cercare le parole frugando nella spazzatura o comprare le parole quando ci sono le offerte, in primavera, ma di solito sono parole che non servono a un granché, per quello le mettono in sconto.
In questo paese parlare costa molto ed è proprio lì che c'è la grande fabbrica delle parole.
Avete mai pensato a quanto sono davvero preziose le parole? A volte ci capita di buttarle là, senza pensare al loro reale significato o all'impatto che potrebbero avere su chi ci sta ascoltando.
Io ho sempre amato le parole e la nostra lingua è ricca di termini, ne abbiamo circa duecentomila, sono tantissime, vero?
Ma torniamo al nostro libro. In questo strano paese abita Philéas, un bambino, che con il suo retino è riuscito a catturare tre parole. Non le vuole usare a caso, perché sa che le parole sono una cosa davvero preziosa, le vuole conservare per una persona speciale.
Questa persona è Cybelle, una bambina, di cui Philéas è innamorato. Le piacerebbe dirle "Ti amo" ma non ha abbastanza soldi, perciò le sorride.
E poi c'è Oscar. Oscar è ricco e arrogante e parla tanto, parla anche a Cybelle. Ma non sorride mai e Philéas non lo sopporta. Anche perché quando il nostro piccolo eroe sta per dire le sue preziosissime tre parole alla sua amata, arriva quello sbruffone di Oscar e dice a Cybelle un sacco di cose romantiche...
"Deve aver speso un patrimonio!" pensa Philéas.
Cybelle continua a sorridere. E Philéas non sa a chi è rivolto quel sorriso.
Negli occhi di Oscar c'è una tale sicurezza!
"Le mie parole sono ben poca cosa" pensa Philéas.
Il libro è consigliato ai bambini dai 3 anni, ma sinceramente io lo consiglio almeno dai 5. È una storia bellissima, quasi una poesia ma la reputo un po' troppo lunga per bambini così piccoli.
Questa favola moderna ci insegna che le parole sono gemme preziose e che ci sarà sempre lo spocchioso di turno che ne dice tante sperando di fare bella figura, senza però associare a loro nessun sentimento.
Philéas ci fa capire che quando siamo innamorati anche le parole più semplice acquistano grande valore e che l'amore non ha bisogno di tante parole.
Io credo che al giorno d'oggi sia importante insegnare ai bambini (ma anche ricordarlo a noi grandi) che le parole sono un'arma potentissima, nel bene e nel male. E il modo migliore per farlo è, secondo me, proprio con questo libro illustrato, che con grande sensibilità, con tanta dolcezza e con delle immagini che arrivano dritte al cuore, come le parole di Philéas, ci ricorda cosa conta davvero.
Ciliegia... polvere... seggiola...
E voi avete una vostra parola preferita?